Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/248

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voleva ch’ella stesse ferma. Emilio che aveva temuta una scena, fece al Balli un cenno imperioso di ritirarsi, e soltanto il suo gesto sottolineò l’importante incontro.

Il Balli però non poteva più ritirarsi e si avanzò, mentre ella con cenni ripetuti del capo lo incoraggiava e chiamava. — Tanto tempo — borbottò, certo volendo significare ch’era molto tempo che non si vedevano.

Quando le permisero di riadagiarsi, ella continuò a guardare il Balli ch’ella, anche nel delirio, continuava a considerare quale la persona più importante per lei in quella stanza. L’affanno era aumentato per la fatica che le avevano data costringendola a muoversi, un lieve assalto di tosse le fece contrarre la faccia dal dolore, ma ella continuò a guardare il Balli. Anche bevendo con voluttà l’acqua che le era stata offerta dal dottore, ella tenne gli occhi fissi sul Balli. Chiuse gli occhi e parve volesse dormire. — Così tutto è bene — disse ad alta voce e per qualche istante si quietò.

I tre uomini uscirono dalla stanza di Amalia e si fermarono nella vicina. Emilio impaziente domandò: — Ebbene, dottore?

Il Carini, che aveva poca pratica di trattare con clienti, espresse con semplicità la sua opinione: una polmonite. Trovava lo stato dell’ammalata gravissimo.

— Senza speranza? — domandò Emilio, e attese con ansietà la risposta.