Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/287

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dare proprio quei riflessi che lo avevano colpito la mattina della morte di Amalia.

La signora Elena lo accolse con grande affetto. — È tanto tempo ch’io speravo di vederla. Mi fa proprio piacere.

— Lo sapevo — disse Emilio con le lagrime nella voce. L’amicizia offertagli da quella donna al letto di morte d’Amalia lo commoveva. — Ci conosciamo da poco, ma abbiamo passata insieme tale una giornata da sentircene legati più che non da anni d’intimità.

La signora Elena lo fece entrare nella stanza da cui era uscita, della forma del tinello del Brentani, sul quale era situata. L’arredo ne era semplice, anzi scarso, ma tutto era tenuto con grande accuratezza, e non vi si sentiva il bisogno di altri mobili. La semplicità appariva un po’ eccessiva sulle pareti lasciate nude del tutto.

La serva portò una lampada a petrolio accesa, augurando ad alta voce la buona sera. Quindi uscì.

La signora le guardò dietro con un buon sorriso: — Non posso levarle l’abitudine un po’ campagnuola d’augurare la buona sera quando porta il lume. Del resto è un uso che non dispiace. Giovanna è tanto buona. Troppo ingenua! È strano di trovare ai nostri tempi una persona ingenua. Viene voglia di guarirla da una malattia tanto adorabile. Quando le racconto qualche cosa dei costumi moderni, fa tanto d’occhi. — Ella rise di cuore. Imitava la persona di cui parlava spalancando i buoni piccoli occhi; pareva la studiasse per goderne di più.