Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/63

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cettò con entusiasmo. Naturalmente! L’unico mezzo per poter imitare il Balli era di vederlo all’opera.

La sera Emilio aveva convegno con Angiolina al Campo Marzio. Nella giornata egli aveva meditati dei rimproveri. Ma ella venne per essere per qualche ora tutta sua; a Sant’Andrea, a quell’ora, non v’erano dei passanti che gliene rubassero l’attenzione. Perchè avrebbe dovuto diminuire la felicità con dei litigi? Gli parve d’imitare meglio il Balli amando dolcemente e godendo di quell’amore, cui, la mattina, in un istante di follia, per poco non aveva rinunziato. Del suo risentimento non trapelò che una eccitazione che andò a dar anima alle sue parole, a tutta la serata che fu nel principio dolcissima. Stabilirono di dedicare una delle due ore che potevano passare insieme ad allontanarsi dalla città, l’altra a rientrare. Fu lui che fece la proposta volendo tranquillarsi camminando accanto a lei. Ci misero circa un’ora ad arrivare all’Arsenale, un’ora di felicità perfetta, nella notte chiara, in quell’aria limpida, rinfrescata da un autunno anticipato.

Ella sedette sul muricciuolo che fiancheggiava la via ed egli rimase in piedi dominandola tutta. Vedeva proiettarsi quella testa, illuminata da una parte dalla luce di un fanale, sul fondo oscuro: l’arsenale che giaceva sulla riva, tutta una città, in quell’ora, morta. — La città del lavoro! — disse egli sorpreso d’esser venuto là ad amare.

Il mare, chiuso dalla penisola di faccia, nascosto dalle case, nella notte era sparito dal panorama. Re-