Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/70

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bra avrebbe potuto baciarla. — Veramente Ange? — Non ancora soddisfatto, accese un cerino e illuminò con esso la rosea faccia che, seria, seria, si prestò all’operazione. Illuminata, essa aveva nell’oscurità delle trasparenze adorabili; gli occhi chiari, in cui il giallo della fiamma penetrava come nell’acqua più limpida, brillavano dolci, lieti, grandi. Senza scomporsi, il Balli illuminò col cerino la faccia di Margherita, una faccia pallida, pura, due occhioni turchini, grandi e vivaci, che toglievano la possibilità di guardare altrove, un naso aquilino e, sulla piccola testa, una grande quantità di capelli castagni. Strideva su quella faccia la contradizione fra quegli occhi arditi di monella e la serietà dei tratti di madonna sofferente. Oltre che per farsi vedere, ella approfittò della luce del cerino per guardare con curiosità Emilio; poi, visto che la fiammella non voleva ancora spegnersi, vi soffiò sopra.

— Adesso vi conoscete tutti. Quel coso lì — disse il Balli accennando ad Emilio — lo vedrai al chiaro. — Precedette la compagnia con Margherita che già s’era attaccata al suo braccio. La figura di Margherita così alta e magra, non doveva esser bella; s’accompagnava ad entrambe le espressioni della faccia di vivacità e di sofferenza. Il suo passo era malsicuro, piccolo in proporzione alla figura. Portava una giacchetta di un color rosso fiammante, ma sul suo dosso modesto, povero, un po’ curvo, perdeva ogni arditezza; pareva una uniforme vestita da un fanciullo; mentre addosso ad Angiolina il colore più smorto s’av-