Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/73

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fliggevano al petto ed alle gambe; non si rammentava di un’epoca in cui non avesse sentito dei dolori. Sempre con gli occhi rivolti allo specchio, Angiolina disse: — Davvero? Poveretta! — Poi subito, con grande semplicità: — Io sto sempre bene. — Emilio che la conosceva, trattenne un sorriso avendo sentito in quelle parole l’indifferenza più piena per le malattie di Margherita e, immediata, intera, la soddisfazione della propria salute. La sventura altrui le faceva sentir meglio la propria fortuna.

Margherita si pose fra Stefano e Emilio; Angiolina sedette l’ultima in faccia a lei e, ancora in piedi, rivolse un’occhiata strana al Balli. Ad Emilio parve di sfida, ma lo scultore l’interpretò meglio: — Cara Angiolina, — le disse senza complimenti, — ella mi guarda così sperando ch’io trovi bello anche il suo naso, ma non serve. Il suo naso dovrebbe essere fatto così. — Segnò sul tavolo, col dito bagnato nella birra, la curva che egli voleva, una linea grossa che sarebbe stato difficile figurarsi su un naso.

Angiolina guardò quella linea come se avesse voluto apprenderla, e si toccò il naso: — Sta meglio così — disse a mezza voce come se non le fosse più importato di convincere nessuno.

— Che cattivo gusto! — esclamò il Balli non potendo però tenersi dal ridere. Si capì che da quel momento Angiolina lo divertì molto. Continuò a dirle delle cose sgradevoli ma pareva lo facesse per provocarla a difendersi. Ella stessa ci si divertiva. Nel