Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/79

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per un istante fermi a guardare l’altra coppia che s’allontanava. — Cieco! — disse ella. — Come fa ad amare una trave affumicata che si regge a stento?

La sera appresso ella non lasciò ad Emilio il tempo di farle i rimproveri ch’egli aveva meditati nella giornata. Aveva di nuovo da raccontargli delle cose sorprendenti. Il sarto Volpini le scriveva — ella aveva dimenticato di portar seco la lettera, — che egli non avrebbe potuto sposarla che di là ad un anno. Un suo socio glielo impediva con la minaccia di disdire la società e di lasciarlo senza capitali. — Pare che il socio voglia dargli in moglie una propria figliuola, una gobbetta che starebbe veramente bene accanto al mio futuro. Però il Volpini assicura che entro un anno egli potrà far senza del socio e del suo denaro e allora sposerà me. Capisci? — Egli non aveva capito. — C’è dell’altro — disse ella dolcemente e confusa. — Il Volpini non vuole vivere con quel desiderio per tutto un anno.

Ora egli capì. Protestò. Come si poteva sperare d’ottenere da lui un simile consenso? E d’altronde che cosa poteva obiettare? — Quali garanzie avrai della sua onestà?

— Quelle che vorrò. Egli è pronto a fare un contratto da un notaio.

Dopo una breve pausa egli chiese: — Quando?

Ella rise: — La prossima domenica non può venire. Vuole disporre tutto per il contratto che si farà di qui a quindici giorni e poi... — S’interruppe ridendo e lo abbracciò.