Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/98

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qualunque d’atteggiare la bocca, un’abitudine innocua di muoverla. E quest’era il peggio. Una sera, Emilio, non potendone più, pregò il Balli finalmente di non accompagnarsi a loro. — Soffro troppo di vederla vilipendere a quel modo.

— Davvero? — chiese il Balli facendo tanto d’occhi. Egli, come sempre dimentico, di nuovo aveva creduto di dover comportarsi così per curare Emilio. Si lasciò convincere e per qualche tempo non andò a turbare i loro amori. — Io non so comportarmi altrimenti con una donna simile. — Ma allora Emilio si vergognò e piuttosto che confessarsi tanto debole, si rassegnò a sopportare il contegno dell’amico.

— Vieni talvolta con Margherita.

La cosidetta cena dei vitelli si ripetè di frequente, negli episodi molto simile alla prima, Emilio condannato al silenzio, Margherita e Angiolina in ginocchio dinanzi al Balli.

Una sera però il Balli non gridò, non comandò, non si fece adorare e fu per la prima volta il compagno ch’Emilio avrebbe potuto sopportare. — Come devi sentirti amato da Margherita! — gli disse quest’ultimo al ritorno per dirgli qualche cosa di gradito. Le due donne camminavano a pochi passi da loro.

— Disgraziatamente — disse il Balli con pacatezza, — credo ch’ella ami anche molti altri come ama me. È un animo gentilissimo. — Emilio cadeva dalle nuvole. — Sta zitto adesso! — disse il Balli