Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/119

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to caste, virginali, con quella schiena rigida, incavata verso il collo, e la faccia bianca con i tratti marcati dell’intelligenza e dell’attività. 

Gli disse di venire anche lui alla finestra ove si respirava molto bene quella brezza nella quale s’era mutata la bora violenta della settimana prima. 

La via era quasi deserta e soltanto su una cantonata c’era un gruppo di persone che guardava all’altra strada. 

— Mi verrebbe quasi quasi voglia di andarci anch’io, — disse Annetta. 

Alfonso era tutto intento a percepire il contatto del suo braccio su quello di Annetta, stuzzicando come al solito il suo desiderio; fece un movimento arrischiato per aumentare la dolce pressione e fu il suo ardire che gli cacciò il sangue alla testa non il contatto col braccio di Annetta poiché nulla aveva di differente da quello di un corpo senza vita. 

Probabilmente Annetta non s’era accorta del suo ardire. Dapprima furono impacciati perché erano vissuti troppo poco insieme per poter trovare con facilità un argomento che ugualmente li interessasse. Quando però l’argomento fu trovato, per la prima volta in quella stanza, la voce di Alfonso echeggiò tranquilla, sonora, e per la prima volta Annetta udí sue frasi compiute. Se non sapeva discorrere con piú persone, Alfonso almeno sapeva dialogare. 

Sorridendo Annetta gli aveva chiesto: 

— E la sua nostalgia? Me ne hanno parlato molto! 

— Non esiste piú! — rispose Alfonso. 

La voce a sua sorpresa era soda, tranquilla. Quella prima frase rimase però ancora mozza perché egli avrebbe voluto fare un complimento e dire che in quel preciso momento non esisteva. Tutta la sua disinvoltura non bastava a fargli dire cosa ardita; piuttosto avrebbe potuto permettergli di farla. 

Una delle affettazioni di Annetta dacché s’era data alla letteratura si era di far mostra di pigliar interesse a tutto e di voler conoscere i moventi di ogni cosa. Gli chiese di spiegargli che cosa fosse la nostalgia.