Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/202

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troppo, credendo che per essersi data a lui perdesse il diritto ad ogni altra felicità. Annetta ripeté la sua dichiarazione parecchie volte durante la notte mutandone la forma: — Sposare quel ragionatore ch’è mio cugino Macario perché è ricco! 

Rise di questa pretesa che qualcuno pur doveva avere avuta. 

Se c’era, la felicità di Alfonso veniva diminuita da un timore. Quella donna che in una sola ora aveva mutato di sentimenti e di opinioni era forse impazzita? Egli si sentiva ragionatore come al solito, calmo, trascinato dai sensi per brevi tratti e poi sazio, e non sapeva figurarsi che in altrui la commozione durasse sempre ugualmente intensa. 

Una sola volta con rapidissimo passaggio ella ebbe un’espressione di tristezza anzi di disperazione come un’ora prima. Aveva nominato per caso una famiglia patrizia presso la quale i Maller erano stati ammessi da poco. Fu un solo istante, ed ella fece poi ogni sforzo per dimenticarlo e farlo dimenticare. 

La cortina rosea della finestra era divenuta visibile per il primo raggio mattutino e, per quanto fosse ancora poca la luce che giungeva dal di fuori, faceva impallidire quella della candela che avevano lasciata accesa. 

— Già! — esclamò Annetta stringendosi a lui. 

Egli ripeté ipocritamente la stessa parola. 

Dal piano superiore si udí il rumore del passo di un piede nudo. 

— Poveretta! — mormorò Annetta, — le procurai dei grandi dispiaceri. 

— È Francesca? — chiese Alfonso inquieto. 

— Sí! — disse Annetta sorridendo, — ma tutto è riparabile ancora. 

Lo abbracciò per fargli capire che l’opera buona ch’ella si proponeva di fare era dovuta a lui. 

Egli aveva il tempo di essere curioso e Annetta gli raccontò che Francesca era stata l’amante di Maller e che costui aveva manifestato l’intenzione di sposarla. — Io risi in volto a Francesca e mi opposi come seppi... natural-