Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/215

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— La carrozza mi attende là! 

— Ma perché ho da agire contro l’espresso volere di Annetta? 

— Insomma come lei stesso ha detto, è dovere di cavaliere di non lasciare a questo modo il posto. — Ella accettava un argomento che, per leggerezza, poco prima aveva distrutto. — E di piú sarebbe da poco accorto. 

Ella gli dava dunque il consiglio di rimanere acciocché non vi fosse pericolo per il matrimonio ch’ella già aveva dato prova di desiderare vivamente. Una seconda volta dava consigli, si rendeva, peggio che sua complice, sua istigatrice. Egli ne fu agghiacciato. 

— Io non mi opporrò mai al volere della signorina Annetta. Obbedirò con scupolosa esattezza ai suoi ordini o desiderî. 

Parlava col tono di chi vuole tagliar corto. Non portava argomenti lui; aveva deciso cosí e non si curava di sapere ove sarebbe giunto con l’obbedienza passiva di cui parlava. 

Ella lo guardò stupefatta, non certa ancora di aver udito per bene. Poi parlò di nuovo e per la prima volta Alfonso udí quella vocina alterarsi; rimaneva sempre esile ma era rotta dall’affanno e, gridata, aveva perduto ogni dolcezza. 

— Ma se seguendo i consigli di Annetta espone a grande pericolo la felicità ch’ella crede di avere in saccoccia? Ma quale amore crede lei di averle ispirato, forse di quelli delle dame antiche, amori che resistevano agli ostacoli e duravano per tempo infinito? — Rise perché volle ridere. — Ella si affida di lasciarla qui esposta ai consigli del padre e dei parenti? Se ne vada pure giacché lo vuole e ritorni anche dopo una sola settimana. Sarà ridivenuto il travetto della banca Maller e Annetta non si rammenterà neppure di averla conosciuta. — Le parole le erano uscite di bocca compatte come un solo grido. Continuò piú calma: 

— Conosco i Maller. Crede ella che quando si sarà spiegato ad Annetta quello che oggi, ma oggi soltanto, ha dimenticato, crede che le rimarrà ancora fedele? 

— Lo credo! — disse tranquillamente Alfonso.