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le ore in cui aveva dovuto lavorare fuori d’orario. Ad Alfonso che s’era lasciato convincere di dargli ad intendere di aver ricevuto trecento franchi: — Già si sa, — disse, — ella è protetto, va in casa e dà lezioni alla signorina! È una banca scandalosa!
Alfonso si affrettò a svelare la burla, rosso in volto e ben pentito di aver provocato Ballina.
Una domenica Santo venne a chiamare Bravicci a nome di Maller. Prima di andarci, Bravicci avvisò Ballina, ma costui continuò calmo a scrivere:
— Caro mio, una volta si può darmela ad intendere ma non due! — Quando Bravicci ritornato gli fece vedere due note da cento franchi, Ballina cominciò a dubitare e quando venne chiamato anche lui, andò da Maller col suo passo piú franco: — Se m’ingannate, tanto peggio per voi. — Ne uscí quasi contento: — È abbastanza e non posso lagnarmi. È destino che del tutto libero di debiti io non possa essere giammai.
Starringer e Alchieri furono i piú lieti; avevano ricevuto piú di quanto avessero sperato.
Miceni venne a congratularsi con gli altri e a raccontare della sua sorte. Non era malcontento; lo si era lodato avvertendolo però che dacché era alla contabilità poco da lui si domandava e che perciò egli non molto sperasse dai suoi superiori.
— Io sto ancora cercando un impiego e uno di questi giorni spero di potermela battere.
L’unico che ancora non fosse stato chiamato era Alfonso, e Santo, che quel giorno faceva la parte d’araldo, invece di gridare il suo nome ad alta voce gli si avvicinò e gli disse all’orecchio qualche parola ch’egli neppure bene comprese, ma che suppose fosse l’invito di recarsi da Maller.
Dal momento in cui venne chiamato Bravicci, Alfonso era stato colto da una grande commozione. Dopo tanto tempo doveva parlare di nuovo con Maller e lo agitava l’idea che Maller avrebbe dovuto contenersi per trattarlo col calmo tono d’ufficio. Era ora ridotto a sperare aumenti di paga e una grande rimunerazione mentre pochi giorni prima aveva temuto di venir retribuito troppo abbon-