Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/50

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derli. Abitava nel centro della città in un primo piano spazioso. Attraversata una piccola anticamera, entrarono in uno stanzone non ammobigliato che da un tavolo e alcune sedie; le finestre erano senza coltrinaggi. In tanta luce e per tanto spazio la stanza rimaneva troppo nuda. 

Vestita di un accappatoio color rosa, bionda, dai tratti troppo regolari, una donna era seduta accanto ad una finestra lavorando al telaio. 

— Ma femme — disse White presentando, e poi: — Mon ami Monsieur Nitti. 

La signora s’era alzata a stento, impedita dal panno che pendeva dal telaio. I due presentati si guardarono, lui mormorando una parola di complimento, ella proprio attendendo ch’egli se ne andasse per rimettersi al lavoro. White s’era precipitato in una stanza vicina e Alfonso, seccato di trovarsi muto con una muta, dopo un inchino leggermente corrisposto lo seguí. 

La stanza da letto aveva i due letti uno accanto all’altro, un armadio e alcune sedie. I libri di White, una ventina, giacevano in disordine sul pavimento, sotto all’unica finestra, anche questa mancante di coltrinaggi. Non un quadro alle pareti; nulla di piú del necessario; sembravano due stanze ammobigliate per albergarci per qualche tempo, non un’abitazione.

Uscí con White, e con la donna di costui si ripeté la medesima scena. Ella si rialzò colla medesima premura, la faccia tranquilla per indifferenza, e il panno una seconda volta minacciò di farla cadere. 

Alfonso chiese con sorpresa a White: 

— Da quando è ammogliato? 

White fu preso da una grande ilarità: 

— Ammogliato? Da molto tempo, ma con questa mano! — e alzò la sinistra. 

Una donna con un bambino in braccio entrò nella casa. 

— Mio figlio! — gridò White toccando il bambino con il bastone; — mi rassomiglia un poco; tiene la schiena come me. 

Il bambino s’appoggiava coi braccini sulla spalla del-