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118 ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO

te, nè male nè bene la potenza e la nobiltà e le altre cose che stanno fuori dell’animo, imparò ad aborrire ogni sentimento servile, e ad armarsi contro ogni sopravveniente sciagura. Fino dalla prima giovanezza divenne amico di Plinio, e si strinse con lui nell’amore degli studi, nel culto della virtù, nell’odio della tirannide. Le onorate qualità e il nobile ingegno presto lo resero rinomato e glorioso, e gli procurarono l’affetto e la parentela d’un uomo de’ più degni di onore. Verso l’anno 78 dell’era volgare Giulio Agricola, cittadino illustre per le esercitate faccende e per l’antica virtù che in lui rinasceva, gli sposava la figlia nell’atto di uscire dal consolato e partire pel governo della Britannia. Così si congiunsero i nomi e gli affetti di due uomini che solennemente doveano attestare ai contemporanei ed ai posteri come la virtù e l’indipendenza dell’animo non muoiono anche nei tempi in cui sembra che tutto cospiri a spiantarle dal mondo. I nobili esempi di Agricola giovarono a rendere più forte il cuore di Tacito, il quale poi in contraccambio del beneficio consacrò le primizie del suo ingegno a rendere immortale il caro padre e il venerato maestro. Forse la potenza di Agricola gli fu aiuto anche a conseguire gli onori. Vespasiano lo amò, e lo messe in dignità facendolo dell’ufficio dei venti per cui salivasi alla questura. Fu poscia promosso da Tito, e sotto Domiziano dice egli stesso che assistè alla celebrazione de’ giuochi secolari come sacerdote de’ quindicemviri, e come pretore. La pretura gli dava facoltà di entrare in senato: ma non pare che godesse a lungo di quell’onore, perocchè troviamo che nell’anno appresso (89 dell’era volgare) fu costretto ad allontanarsi da Roma. È chi crede fosse esiliato per odio del principe nemico di tutti i buoni, o si esiliasse da sè per