Pagina:Tacito - La Germania, versione di F. T. Marinetti, 1928.djvu/132

Da Wikisource.
132 ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO

mano a scrivere le Storie dalla morte di Nerone a quella di Domiziano: e poscia rifacendosi indietro scrisse gli Annali che dalla fine di Augusto andavano al principio del regno di Galba, e servivano come d’introduzione e di compimento alle Storie: grandioso lavoro che abbracciava circa 80 anni e descriveva la terribile rivoluzione che preparò gli avvenimenti da cui fu mutata la faccia del mondo. È un tempo di avvilimento e di desolazione che stringe il cuore: è un tempo in cui pare che la ragione e il diritto siano scomparsi sotto il flagello della forza brutale e del dispotismo. Lo storico non si spaventa a questo brutto spettacolo: geme, ma del gemito dei forti che è una protesta ed una vendetta: corre arditamente le vie di questa Roma già sì lieta e ridente, e ora ingombra di dolore e di sangue; contempla le crudeltà, ascolta il gemito della miseria, e con la sua eloquentissima voce consola gli sventurati innocenti, impaurisce i felici oppressori.

Narrano che ai tempi di Nerone il filosofo Apollonio venisse a bella posta dall’Asia a Roma per vedere che razza di bestia fosse un tiranno. Se anche a te, o lettore, pigliasse mai siffatta vaghezza, non fa di mestieri che tu soffra la grave fatica, nè la spesa di un lungo viaggio. Per rimanere appagato, basta che tu apra i libri di Tacito: vi troverai senza fatica i ritratti e la storia dei più esecrabili mostri che l’inferno mandasse mai a contristare la terra. Farai conoscenza con Tiberio, con Claudio, con Nerone, con Vitellio, con Ottone, con Domiziano: li vedrai attorniati da un esercito di delatori e di carnefici: sentirai per opera di essi fatto muto e squallido il Foro che già fu sì splendido e sonante della libera eloquenza del popolo re: e salendo sulle vette del Palatino ove in altri tempi abitarono Valerio Publicola, i