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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/141

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134 DEGLI ANNALI

sporre le commessioni di Germanico. Ottenne d’accusarlo almeno d’altri peccati vecchi. Di questa causa fu pregato il principe d’esser giudice: nè al reo dispiacque; temendo di quell’amor del popolo e dei Padri: dove Tiberio del dire del popolo si facea gran beffe: eraci interessato egli e la madre: meglio un giudice solo il fatto dal creduto discerne; odio e invidia i molti accecare. Sapendo Tiberio quanto questo giudizio importava, e i pezzi che di lui si levava, in presenza d’alcuni di corte udì le minacce e difese delle parti, e le rimise al senato.

XI. In questo tornò Druso d’Illiria, e volevano i Padri, che per lo ricevuto Maroboduo e altri fatti di quella state, egli entrasse in Roma col trionfo minore di gridare „Où, Où,„ ma questo onore si prolungò. Pisone ricercò T. Arunzio, Fulcinio, Asinio Gallo, Esernino, Marcello, Sesto Pompeo, d’essergli avvocati; e tutti diverse scuse allegando, M. Lepido, L. Pisone e Liveneio Regolo, accettarono. Stava tutta la città in orecchi, come fosser fedeli gli amici a Germanico; in che si fidasse il reo; se Tiberio si scopriva, o no1; nè fu unque il popolo tanto curioso: o contro al principe bisbigliò, o tacendo sospicò.

XII. Onde Cesare fece a’ Padri questo compilato

  1. Meglio è leggere come il testo de’ Medici, Satin’ cohiberet ac promeret sensus suos Tiberius; his haud alias intentior; populus, plus sibi, etc. E dice: „Se Tiberio sapeva nascondere quello che fatto avea; che mai non vi durò più fatica; nè più il popolo del principe bisbigliò; o, tacendo, ne sospicò; „ cioè d’aver commesso a Pisone che avvelenasse Germanico. Quel promeret, era contrario, superchio, cosa non da Tacito, e senza grazia.