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LIBRO PRIMO 9

fino di Rodi1 (alla quiete dicev’egli), altro mai che ire, infinte, e soppiatte libidini mulinato: esservi quella madre insopportabile più che donna: doversi servire a una femmina e due fanciulli, che ora questo stato premano, e un dì lo si sbranino.

V. In sì fatti ragionari Augusto aggravò: bucinossi 2 per malvagità 3 della moglie, per voce uscita, che Augusto di que’ mesi s’era traghettato nella Pianosa a vedere Agrippa, conferitolo a certi, e da Fabio Massimo solo accompagnato. Tenerezze vistesi grandi da ogni banda, e segni d’amore, perciò aspettarsi tosto il giovane a casa l’avolo. Massimo lo rivelò alla moglie; ella a Livia 4; Cesare il riseppe: Massimo tosto morì forse di sua mano, poiché nel mortorio udita fu Marzia, sè sciagurata incolpare della morte del suo marito. Che che si fusse, Tiberio entrato appena nella Schiavonia, fu richiamato per lettere dalla madre in diligenza e trovò Augusto in Nola: se vivo o morto non si seppe; perchè Livia tenne strette guardie al palazzo e a’ passi, e talora uscivan voci di miglioramento; tanto che provveduto il bisogno, un medesimo grido andò d’Augusto morto e di Nerone in possesso.

  1. Otto anni vi dimorò, e lo diceano il Confinato.
  2. Dissesi con boce piccina, come uomo fa della cosa che non si può dire senza pericolo.
  3. Livia avvelenò, e contrassegnò certi fichi in su l’arbore; onde ella e 'l marito per diletto insieme ne colsero e mangiaro; non sapendo egli de’ contrassegnati.
  4. Leggo come il Lipsio: gnarum id Caesari, non navum. Ma se al Codice Mirandolano, che dice Liviam id Caesari, si potesse prestar fede (il che il Lipsio nega) mi piacerebbe molto più, perchè Livia, come il seppe, ne fece rimore a Cesare, come dice Plutarco.