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LIBRO TERZO 157

lo contrario, Silio, benché tanta prontezza non chiedeva sprone, sciamava: „A voi vincitori delle Germanie è vergogna apprezzare i Galli come nimici. Di questo esercito dianzi una coorte sbaragliò il Torsigiano ribellato; una banda il Treviro; pochi cavalli i Sequani. Ora questi Edui, quanto più danarosi sono, e più morbidi, tanto meno da guerra; che guerra? legateli, e addossa affliggenti lanciatevi1.„ Levossi alto grido. La cavalleria gli attorneò: fanti investiron la fronte: affianchi non s’ebbe a badare; co’ ferrati si ebbe; perchè spade e lanciotti non foravano quelle piastre; onde i nostri con accette e beccastrini, come avessono a mandar giù torri, quelle ferramenta e membra squarciavano, o con pali e forconi atterravano quelle massacce: e non potendosi così intirizzati rizzare, gli lasciavano per morti. Ritirossi Sacroviro, prima in Autun, poi (temendo non si arrendesse) in una villa vicino, coi più fidati suoi. Quivi egli sé di sua mano, gli altri l’un l’altro s’uccisero, fitto fuoco nella villa, che arse ogni uno.

XLVII. Allora, e non prima, scrisse Tiberio al senato il principio e la fine di questa guerra veracemente, come i Legati con la fede e virtù, ei col consiglio, l’avevano condotta; e che non era andato egli nè Druso, per maestà; disdicendosi a principe, se questa città o quella scapestra, uscir del centro di tutto il governo. Ora, che per paura noi fa, v’andrebbe per veder tutto con l’occhio e stabilire. I Padri ordinarono per lo suo ritorno boti, pri-

  1. Avrei detto, scaraventatevi, ma, cappita! il Muzio ci grida.