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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/174

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LIBRO TERZO 167

Venere in Amatanta, dal suo figliuolo amato; Giove in Salamina, da Teucro quando scansò l’ira di Telamone suo padre.

LXIII. E tante altre ambascerie udirono i Padri; che per essere stracchi, e parteggiare ne’ favori, commisero a’ consoli, che veduto le ragioni di ciascuno, e se inganno v’era, riferissono al senato. Riferirono, le dette franchige esser vere, e di più quella dell’Esculapio di Pergamo; le origini dell’altre per l’antichità non vedersi, perchè que’ di Smirna dicevano aver sagrato il tempio di Venere di Stratonice, e i Tenj il tempio e l’immagine a Nettuno, comandati dall’oracolo e versi di Apolline. Cose più moderne allegavano ì Sardiani, che Alessandro vittorioso e i Milesj, che il re Dario ciò donar loro ne’ tempi di Diana e d’Apolline, che essi adorano. I Candiani anco franchigia chiedevano all’immagine d’Augusto. Fatti ne furono i privilegi1 a grande onore; portossi però regola e comandato in essi

  1. Non ci maravigliamo che gli storici di tutti i tempi scrivano delle cose contrarie. Suetonio, di Cornelio amicissimo, dice delle qualità del corpo di Tiberio cose direttamente contrarie a quelle che dice Tacito. E nel cap. 37 dice che Tiberio levò via per tutto il mondo queste franchige, dette Asili. Trovaronle prima i nipoti d’Ercole, i quali per difendersi da’ nemici dell’avolo, consagrarono altare alla Misericordia in Atena; ove ninno potesse esser preso, come suona la voce greca ασυλος. Ogni ribaldo poscia si salvava in qualche Asilo. Onde troppo crebbero di numero: e con tanta religione erano riguardati, che alcuni fuggitisi alla statua di Minerva, ardirono con un filo in mano appiccato a quella comparire in giudizio a difendersi. Ma il filo per isciagura si ruppe.