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LIBRO QUARTO 193

Silio con le leggi, o fusse Varrone consolo, o caso pubblico quello. L’aver saputo, e tenuto mano alla guerra, chiuso gli occhi alla fellonia di Sacroviro1, guasto la vittoria con l'avarizia, e Sosia sua moglie, erano i peccati. „L’ira di Cesare è il mio peccato,„ disse sempre, nè mai altro, per sua difesa. Al governo non potevano apporre; ma all’accuse di stato non si poteva rispondere. Silio non aspettò la sentenza, e s’ammazzò.

XX. E nondimeno si corse a’ beni; non per restituir tributi, come dicevano, mal presi (chè niuno si risentiva), ma per torgli il dono fattogli2 Augusto, del suo debito; riscosselo il fisco sino ad un picciolo: e fu questa la prima diligenza di Tiberio contro alla roba d’altri3. Sosia fu sbandita, per parere d’Asinio Gallo, che parte de’ beni dava a’ figliuoli; il resto al fisco. Manio Lepido disse: „Il quarto agli accusatori per forza della legge, il resto a’ figliuoli.„ Trovo che questo Lepido fu grave e savio uomo di que’ tempi, perchè molte crudeltà trovate dagli adulatori, temperò e poteo farlo, per

  1. Usata come a 70 della quale Tiberio, domandato suo parere, non tenne conto, e nutrì la guerra.
  2. Cioè, da Augusto. V. Prefaz. del tradutt. di Brotier.
  3. La seconda dovette essere, quando fece accusar di giacimento con la figliuola Sesto Mario spagnuolo, adocchiando la sua sfondolata ricchezza e quelle cave dell’oro; come a 117. La terza un poco bigerognola, quando raschiò il testamento di sua madre, che lasciava a Sergio Galba, che poi fu imperadore, Quingenties H-S. che voleva dire milione uno e un quarto d’oro. La qual somma colui che rogò, non compitò, ma scrisse per loro abbaco. Io, e Tiberio gli raschiò il corpo, e fecene un L che diceva Quinquagies; levonne a modo nostro un zero. Suetonio in Galba al quinto. Altri