Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/231

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224 DEGLI ANNALI

I grandi in senato, il popolo a una boce lo ringraziarono di tanta carità senza ambizione, mezzi o preghi, usata eziandio a i non couoseiuti e mandati a chiamare. Furono i pareri che Monte Celio per innanzi si dicesse Augusto; poiché quando in casa Giunio senatore, ogni cosa d’intorno ardea, l’immagine di Tiberio sola non fu tocca; così due volte avvenne già a quella di Claudia Quinta; perciò consagrata da’ nostri antichi nel tempio della madre degl’Iddii. „Santi, e dagl’Iddii amati, dicevano i Claudj essere: doversi quel luogo, ove gl’Iddii tanto onorarono il principe, solennizzare.„

LXV. Quel monte (poiché ci viene a proposito) si disse per antico Quercetolano, perché di querce pieno era e fertile. Fu poi detto Celio da Cele Vibenna, capitano delli Etruschi, che venuto in aiuto di Tarquinio Prisco, o d’altro re (nel che solo discordano gli scrittori), quivi con la sua molta gente s’accasò, e nel piano ancora, e presso al fòro, e fu dal vocabolo forestiero detto quel borgo; Toscano.

LXVI. Se l’amorevolezze de’ grandi e la liberalità del principe diedono a quei casi conforto, la pestilenza dell’accuse ogni di più, senza alleviamento, fioccava e incrudeliva. Domizio Afro, condannatore di Claudia Pulcra, madre di Varo Quintilio, ricco e parente di Cesare, investì anche lui. Che costui

    Cotai si fecer quelle facce lorde
    Dello Dimonio Cerbero, ch’intruona
    L’anime sì, che esser vorrebber sorde.

    E non credo errare ad aggiugner di mio ornamenti o forze a’ concetti di Cornelio ulcune volte. Vada per quando io lo peggioro.