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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/289

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282 DEGLI ANNALI

noi, e giusto co’ suoi, per timore di Germanico, divenne, morto lui, superbo e tiranno; fidandosi nelle vittorie ottenute contro a’ vicini, spregiando la vecchiezza di Tiberio, come non più atto all’arme: e standogli l’Armenia in sul cuore; della quale, morto Artassia, investì Arsace suo primo figliuolo; schernendoci di più e mandandoci a chiedere il tesoro che Vonone lasciò in Soria e Cilicia: che si rimettessero i confini vecchi tra i Persi e’ Macedoni; burbanzando che rivoleva quantunque ebbe Ciro, e poi Alessandro. Mossero i Parti a mandare a Roma di segrèto, principalmente Sinnace, di gran famiglia e ricchezza; poi Abdo castrato, che in Partia non è dispregio, anzi mezzo alla potenza. Questi due con altri grandi, non v’essendo chi far re del’ sangue Arsacido, perchè Artabano gli aveva ammazzati o eran piccoli, chiedevano da Roma Fraate, figliuolo del re Fraate; bastare il nome solo del sangue arsacido appresentato da Cesare in ripa all’Eufrate.

XXXII. Tiberio, che desiderio ne aveva, onora e mette in ordine Fraate al regno paterno; seguendo suo umore di condurre le cose di fuori con sagacità e consiglio, senz’armi. Artabano saputo il trattato, or si stava per paura, or s’infocava a vendetta; la lentezza appo i Barbari è viltà; il dar entro, atto reale; nondimeno s’attenne al vantaggioso; e convitato Abdo, sotto spezie di favore, gli diede veleno lento. Sinnace con infìnte, doni e negozj,

    teva usar le sue giustissime leggi, fu per quelle fatto morire ingiustamente. Al popolo, che aveva l’appello, non ne patì l’animo, e liberollo.