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288 | DEGLI ANNALI |
XL. Nel seguente consolato di Q. Plautio e Sesto Papinio. ** La morte di L. Aruseo parve niente; tanto se n’era fatto il callo. Spaventò bene il caso atroce di Vibuleno Agrippa, cavalier romano, che, quando gli accusatori ebber detto, nel senato stesso si trasse di seno e inghiottì tossico; e caduto e boccheggiante, fu da’ famigli di peso portato in carcere, e già freddo, an-andellatogli la strozza. Nè il nome regio difese Tigrane, già re d’Armenia, allora reo, da supplizio cittadinesco. Ammazzaronsi C. Galba, stato consolo, per un’aspra lettera di Cesare, che gli vietò l’andare al governo, e due Blesi, perchè essendo sacri beneflcj destinati per casa loro, quando fioriva, prolungati, quando fortuneggiò*, ora, quasi vota, dati ad altri, intesero questi esser cenni di morte, e la si presero. Lepida Emilia maritata, come dissi, al giovane Druso, avendol di molte colpe incaricato, steo la scellerata senza pena mentre visse Lepido suo padre; poi fu accusata del tenersi un suo schiavo; la cosa era chiara; onde ella senza difendersi s’ammazzò.
XLL In tal tempo i Clitari, vassalli d’Archelao di Cappadocia, essendo stretti a pagare estimo e tributi a nostra usanza, si ritirarono in sul giogo del Monte Tauro, e tenevansi, per la natura de’ luoghi, contro alla poco guerriera gente del re; quando M. Trebellio legato, mandatovi da Vitellio governatore di Sorìa con quattromila nostri legionari, e un fior d’aiuti, due colli, ove i Barbari s’eran posti, detti il minore Cadra, l’altro Davara, trinceò, e costrinse a darsi, chi tentò l’uscita, col ferro; gli altri, con la sete. Tiridate, di volontà de’ Parti, riebbe Niceforio e Antemusiada e l’altre