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296 | DEGLI ANNALI |
suo sfinimento; cadde il fiato a tutti; chi andò chi là: ciascuno si faceva mesto e nuovo. Cesare attonito ammutolì, come caduto di cielo in abisso. Macrone, coraggioso, disse: „Affogatel ne’ panni, e ognun se ne vada.„ Tal fine ebbe Tiberio1 d’anni settantotto:
LI. figliuolo di Nerone, di casa. Claudia anche per madre, benchè adottata nella Livia, e poi nella Giulia. Sin da’ primi anni corse dubbia fortuna, perchè col padre ne andò in esiglio; entrato figliastro in casa Augusto, l’urtarono molti e molti, viventi Marcello e Agrippa, poi Caio e Lucio Cesari: e Druso suo fratello aveva più grazia co’ cittadini. A partiti pessimi fu con la moglie Giulia, non potendo l’ostica sua disonestà inghiottire nè sputare. Tornato da Rodi, fu della vota casa del principe dodici anni padrone, e da ventitrè imperadore. Variò con li tempi i costumi di vita, e fama ottima fu quanto visse privato o comandò sotto Augusto: coperto, e di finte virtù, viventi Germanico e Druso; tra rio e buono, vivente la madre; crudelissimo e pieno di lussurie nascose, mentre Seiano amò o temè: all’ultimo la diè pe ’l mezzo a tutte le scelleraggini e sporcizie, quando, rimossa ogni tema e vergogne, secondò sua natura.
Fine del Libro sesto.
- ↑ Gli fa parallelo un grande de’ tempi nostri, che patendo di simili sfinimenti, ne gli venne uno, che durato oltre modo, nè potendosi mancare delle dovute onoranze, vennero i cerusici. Al primo taglio gridò, seguitarono per lo migliore. Radamisto, come dice questo autore nel dodicesimo, affogò ne’ panni la sorella e ’l zio.