Vai al contenuto

Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/338

Da Wikisource.

SUPPLIMENTO AL LIBRO OTTAVO 331

affrettossi ver Bologna a mare, castello de’ Morini, di facil tragitto all’isola. Capo squadra Cesare, come sol bastante a soggiogar il nemico, sciolse del porto; tosto tornando con Adminio, figlio di Cunobelino re Britanno, in gaggio, che dal padre scacciato, con poca gente iva fuggiasco.

XXXVI. Lieto e superbo dell’auspicio l’esercito, già destina al trionfo una nazione dal D. Giulio combattuta, non doma, per ritornarsene, come l’anno avanti, colle pive in sacco. In fatti schierate le squadre al lido dell’Oceano, acconce balestre e macchine, parla Caio in ringhiera: e dato fiato alle trombe, a stupor di tutti che non vedeano il perchè, ordina si raccolgan de’ nicchi, e se n’empiano elmi e grembo; doversi tai spoglie al Campidoglio e al palazzo. Assegnato poi alla truppa il regalo, cento danari a testa, còme liberalità senza pari: „Scialate„ disse „arricchitevi;„ nè men sapendo farsi valere i grandiosi premj.

XXXVII. Pur tanto più ebbro della sognata vittoria, quant’era più falsa, come per resa dell’isola, e legge data all’Oceano, scrive enfatico a Roma, e il corrier premunisce, a tirar col carretto sino al Fòro e alla Curia, e a non dar i dispacci a’ consoli che al tempio di Marte e ’n pien senato. E per tema non perisse la memoria di tanta azione, altissima torre erse a Bologna a mare, che, qual faro, gran fanale alzava a notte da scortar navi; la vanità col pubblico utile orpellando.

XXXVIII. Con dolore i Romani, con riso i Barbari vedeano in piedi que’ testimoni eterni d’obbrobrio; tra’ quai Brinione Canninefate, per natural ferocia sorquidato, e per la facilità dell’insulto, a sber-