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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/431

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424 DEGLI ANNALI

si facea del fiume Corma riparo. Sfidato a battaglia, e punto per trombetti e affronti, metteva tempo in mezzo, mutava luoghi, mandava a’ nemici moneta perchè facessono tradimenti. Tra gli altri Ezate adiabeno e Abbaro re arabo, se ne vanno con gli eserciti, per loro poca levatura, essendo chiaro per isperìenza che i Barbari corrono a chiedere a Roma i re, e poi non gli vogliono. Meerdate di sì forti aiuti spogliato, e degli altri insospettito, deliberò, non potendo altro, rimettersi alla fortuna e combattere, e Gotarze inferocito per gli scemati nemici, accettò. L’affronto fu sanguinoso e dubbio, sino a che Carrene, scorso troppo dietro a una parte fuggente, da un’altra fresca fu circondato. Allora Meerdate perduta ogni speranza, fidatosi di Parrace, creatura del padre, fu da lui preso e dato al vincitore; il quale dicendogli non parente, nè Arsacida, ma forestiero e Romanesco, gli mozzò gli orecchi, e lasciollo andare a mostra di sua clemenza e nostra onta. Morì poi Gotarze, e fu chiamato al regno Vonone, che governava i Medi. Poco visse e nulla operò. Succedetteli Vologese suo figliuolo.

XV. Andando disperso Mitridate Bosforano, e vedendo partito Didio capitano romano, col forte dello esercito, con aver lasciato Coti giovane, non esperto, in regno nuovo, con poche coorti sotto Giulio Aquila cavalier romano, sprezzati ambidue, sollieva popoli, alletta sbanditi, raguna esercito, e toglie lo stato al re de’ Dandaridi, e stava per pigliare il Bosforo. Quando Aquila e Coti intesero queste cose, e che Zorsine re de’ Soraci era ritornato nimico, vedendosi deboli, cercarono anch’essi aiuti di fuori; e mandarono ambasciadori a Eunone principale delli