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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/53

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46 DEGLI ANNALI

cagione occulta; giucava la sorte: e vi periron de’ buoni. Poichè visto chi si voleva, anco i pessimi presero l’armi. Nè legato, nè disse tribuno: Non più, ma lasciarli l’un l’altro gastigarsi, saziarsi. Gemanico entrò nel campo, e con molte lagrime appellando quella non medicina, ma sconfitta, fece ardere i corpi. In quelli ancora accaniti animi entrò smania d’andare addosso a’ nimici; vera purga, diceano, di lor pazzia: nè potersi l’anime de’ compagni morti placare, se non ricevendo negli empj petti gloriose ferite. Cesare secondando l’ardore, gittò un ponte, e passò dodicimila fanti nostrali, venzei coorti d’aiuti, otto bande di cavalli, state modestissime in quei romori.

L. Poco lontano erano i Germani tutti allegri, vedendoci prima nelle ferie d’Augusto, poi nelle discordie impaniati. Ma i Romani a gran passi attraversata la Selva Cesia, in sul termine da Tiberio cominciato accampano, e fortificano la fronte e le spalle di steccato, i fianchi di tagliate d’alberi. Indi passano la buia foresta e consultano, tra le due vie, quale da tener fusse, la corta e usata o l’impedita e dismessa, e perciò non guardata da’ nimici. Presero la lunga con affrettare il restante; perchè gli spiatori riferivano, quella notte i Germani essere in solenne festa, conviti e giuochi. Cecina fu mandato innanzi con gente leggiera a diboscare il cammino; seguitavano poco addietro le legioni favorite dal sereno della notte: arrivati a’ borghi de’ Marsi, accerchiano le poste: trovangli per le letta e lungo le mense spensierati, senza sentinelle, nè ordine di guerra, in una sciocca pace ancora avvinazzati poltrire.

LI. Cesare, perchè le avide legioni predassero più