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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/91

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84 DEGLI ANNALI

altri mari e più crudo il Germano degli altri cieli, fu tanto la sconfitta più nuova e dura, in mezzo ai liti nimici, in infinito mare, creduto senza fondo o riva. Parte delle navi fur tranghiottite; le più dileguate in lontane isole disabitate, ove morì di fame qualunque non sofferse manicare le carogne de’ cavalli approdatevi. Sola surse ne’ Cauci la capitana di Germanico; il quale per quelli scogli, o punte: di terra, dì e notte, incolpante sè di tanta rovina, appena gli amici tennero non si scagliasse nel medesimo mare. Rivolto al fine il flusso e’l vento, cominciarono le navi a tornare sdrucite, o zoppe e senza remi, o fatto delle vesti vele, o rimorchiate; le quali a furia rassettò, e mandò alla cerca per quell’isole. Molti ne raccolse tal diligenza: e ne ricattarono gli Angrivari, nuovi fedeli: e sino in Britannia ne fùr traportati, e rimandati da que’ baroni. Contavano i tornati più di lontano miracoloni di bufere, novissimi uccelli, mostri marini, uomini mezzi bestie, e altri stupori di veduta o sognati in quelle paure.

XXV. La fama della perduta armata rinvogliò i Germani a ricombattere, e Germanico a risgarargli e mandò Silio con trenta migliaia di fanti, e tre di cavalli ne’ Catti. Egli con più forze entrò ne’ Marsi. Malovendo, lor capitano, poco fa datosi, insegnò una dell’Aquile di Varo vicina, sotterrata, e poco guardata. Mandò parte di dietro a cavarla, parte a fronte a far uscire il nimico; a ciascuno riuscì. Cotanto più ardito Cesare penetrò, saccheggiò, squarciò il nimico, che non ardì affrontare, o rotto fu alla prima dove s’era fermato, non mai (come i prigioni dissero) sì spaurito; invincibili dicendo i Ro-