Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/264

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arme e danari, del nome di Padri Coscritti, fuor di

otta, onorandoli.

LUI. Nacquevi gran contesa per aver Licinio Cecina detto a Marcello Eprio, che parlasse chiaro : non si lasciavano intendere anche gli altri; ma Cecina, uomo nuovo, tirato su ora in senato, si volle illustrare col farsi gran nimici e pigliarla contra Eprio, grande e odioso per la memoria delle sue accuse. Entraronvi di mezzo prodi uomini; e tutti a Bologna tornarono per fare nuovo consiglio ; in tanto verrebbero più avvisi. Da Bologna mandaron uomini a’ passi , a intendere da chi veniva fresco di là, che fosse d’Otone. Rispose un suo liberto: Che portava il suo testamento e l’ avea lasciato vivo ; ma pensava alla fama, non alla vita. Stupirono : vergognaronsi di più domandare; e tutti fur volti a Vitellio.

LIV. Era in quel consiglio Lucio suo fratello; e a que’ senatori già adulanti si presentava, quando Ceno, liberto di Nerone, con atroce menzogna gli mi-e sozzopra, affermando , esser la legion quattordicesima arrivata, unita con le forze di Brescello ; tagliati a pezzi i vincitori; rivoltata fortuna. Questo trovato fece, acciocchè le patenti d’Otone , che non si stimavano, ripigliasser forza per tal novella. Costui se n’ andò a Roma volando, ove pochi dì appresso Vitellio il fe’ gastigare. Credendo a tal novella i soldati d’Otone, crebbe il pericolo del senato ; tanto più essendosi in vista di consiglio pubblico uscito di Modana con abbandonar quella parte. Onde non si ragunò più: ognun pensò a sè: finalmente Fabio Valente con sue lettere gli cavò di paura; e la morte d’ Otone quanto più lodevole , tanto più prsito \olò.