Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/333

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LXIV. Ma i primi di Roma segretamente mettevan su Flavio Sabino Prefetto a farsi partecipe di questa vittoria e fama : » Avere i soldati guardiani di Roma suoi propri : quei della notte non gli mancherieno: i loro schiavi, la fortuna della parte, e riuscir ogni cosa a chi vince. A Primo e Varo, non cedesse di gloria. A Vitellio rimanere pochi soldati e spaventati dalle male nuove per tutto : il popolo esser leggieri e volterebbe, facendosene egli Capo , le medesime adulazioni a Vespasiano. Vitellio, sì scaduto, non potersi più reggere. Quando ella gli andasse bene, la guerra si riconoscerebbe finita da chi pigliasse Roma. Ciò convenire a Sabino per salvar l'Imperio al fratello; ciò a Vespasiano, per far gli altri cedere e Sabino ».

LXV. Egli debole per la vecchiaia, non ci andava di buone gambe. Altri credevano in segreto che per invidia tardasse la fortuna al fratello, che minor d' età niello stato privato, era avanzato da lui in riputazione e ricchezze. E tenevasi che Sabino gli avesse mantenuto il credito , preso in pegno sua casa e poderi ; onde temeasi che tra loro bollissero occulti umori, benchè salvassero F apparenza. Altri la pigliavano più dolcemente: che quest'uomo abborrisse le crudeltà e'l sangue- però spesso in casa sua trattò con Vitellio di posar l' arme e far pace. Le condizioni, si disse, fermò nel tempio d' Apolline con due testimoni Guvio Rufo e Silio Italico: quegli ch' eran discosto notavano i visaggi: Vitellio avvilito .e abbietto ; Sabino non oltraggioso e volto a compassione.

LXVI. E se Vitellio agevolmente disponeva i suoi, come egli s'abbiosciò, l'esercito di Vespasiano en