Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/353

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discordie e garbugli , vagliono i pessimi ; la pace e (juiete, vogliono virtù.

IL Domiziano prese di Cesare il nome e la residenza ; non ancora volto a'negozj, solo con li sverginamenti e adulterj , si mostrava figliuol del Principe. Il Prefetto del Pretorio era Arrio Varo ; Antonio Primo poteva ogni cosa ; il quale spogliava la casa del Principe di danari e schiavi, quasi russerò preda Cremonese ; gli altri per lor modestia o ignobiltà, quasi non si fusser fatti conoscere in guerra, non ebber nulla. Roma spaurita, e a servire acconcia , chiedeva che si tagliasse la via a L. Vitellio , che tornava con sua gente da Terracina, e si troncasse questo racimolo di guerra ; e furon mandati cavalli innanzi alla Riccia: la battaglia delle legioni si fermò di qua da Boville. Non la stette Vitellio a pensare : e rimise in mano del vincitore sè e i soldati : i quali per non minor rabbia che paura, scagliarono in terra le infelici armi. Passavano per Roma in lunga fila in mezzo d' armati. Viltà ne' lor visaggi non era , ma manincoiiosa fierezza. Saldi alli scherni e alle fischiate del volgo ; pochi che ardirono scappar per forza, furono circondati e oppressi, gli altri incarcerati. Parola non uscì da loro non degna , e benché in avversità , salvaron virtù e faina. Poscia L. Vitellio fu morto : vizioso quanto il fratello : nel principato di lui , più desto ; per le cui felicitadi non s' alzò, quanto le miserie precipitò.

III. In questi giorni fu mandato Lucilio Basso con cavalleria leggiera a quietar in Terra di Lavoro gli animi de' popoli, discordanti tra loro più tosto, che disubbidienti al Principe. Veduti i soldati, s'accomodarono :