Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/381

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e cento settantacinquemila fiorini <l ' oro e un sacerdozio, che ue andavi gonfio , e quelli innocenti figliuoli, illustri vecchi e ragguardevoli donne , mandasti in perdizione ; quando gridasti Nerone, che affaticava sè e le spie, a mandarle a casa , potendo una voce rovinare tutto 'l senato. Confettatelo , Padri coscritti; quest'uomo sì speditivo: mantenetelo per questa dottrina a insegnare a ogni età: e come fu da' nostri vecchi Marcello e Crispo , sia da' giovani imitato Regolo. L' iniquità infelice ha trovato seguito ; che farà fiorita e forte ? Se noi ci peritiamo a toccarlo ora che è stato Questore e non Sdtro , che faremo quando sarà stato Pretore e Consolo ? Credete voi che Nerone sia per esser l'ultimo tiranno? Credetterlo i rimasi dopo Tiberio e Caio: e pur ne venne un peggiore. Non si teme di Vespasiano ; di tale età e modestia è. Ma gli uomini non vivono quanto gli esempi. Noi siamo peggiorati, o Padri coscritti: non siamo più quel Senato che, ucciso Nerone , voleva alle spie e a' ministri dare il supplizio antico. Dopo un mal principe, lo dì primo è lo migliore ».

XLIII. Il parlar di Montano piacque tanto al Senato , che Elvidio Prisco sperò di potere abbattere anche Marcello. E cominciato a benedire Cluvio Rufo , di pari ricco ed eloquente e pur niuno avea rovinato sotto Nerone • conficcando Eprio col fatto e con l' esempio : gli accendeva contro gli animi dei Padri. Del che avvedutosi Marcello, si mosse come per andarsene , e disse : » Noi ce ne andiamo , Prir sco, e ti lasciamo il Senato: regna in presenza di Cesare ». Vibio Crispo gli andava dietro , ambi crucciosi con volti diversi : Marcello faceva occhiacci , Crispo