Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/405

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0 vincitori, nostra patria è. Le prospere con l' avverse fortune bilanciate v' insegnino a non essere anzi contumaci con rovina, che ubbidienti con sicurezza ». •

LXXV. Coloro che temevano gastigo , rimasero per sì fatto parlare quieti e con isperanza. Impadronitosi F esercito vittorioso di Treveri , Civile e Classico scrissero a Ceriale : » Vespasiano , se ben tenuto segreto , esser morto ; Roma e Italia per guerra intrinseca strutta ; Muciano e Domiziano , vani nomi senza forze. Se Ceriale voleva l'imperio delle Gallie, si contentavano di starsi nei confini dc'lor paesi; se combattere, nè anche ciò ricusavano ». Egli loro non rispose : e mandò l'apportatore a Domiziano. I nimici, che divisi erano, comparvero da ogni bandaOnde fu biasimato Ceriale d' averli lasciati congiugnere , potendoli spartiti disfare. L' esercito Romano trinceò e affossò il campo, stato prima non sicuro;

1 Germani non eran ii' accordo.

LXXVI. Civile voleva aspettar le genti oltre Reno, per lo cui terrore le fiacche forze romane cadrieno; i Galli che altro esser che preda del vincitore? Quel che v' è di buono , esser i Belgi tutti suoi, o alla scoperta o col cuore. Tutore affermava, le cose romane crescere , col dar tempo a unirsi i loro eserciti da tante bande : » Esser passata di Brettagna una legione ; chiamatene di Spagna ; avvicinarsi quelle Si Italia; non mica gente nuova, ma speieissima: i Germani , che essi aspettano, non potersi comandare, non reggere, ma voler fare a lor modo: avere i Romani più da donare, con che solo si corrompono ; e niuno essersi disposto a combattere , che di par pregio non voglia più tosto riposo che pericoli; ma