Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/442

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furon venduti schiavi. E’tradizione pei Giudei, che novantasettemila furo i presi in quell’ assedio ; un milione e centomila, gli uccisi. Non lasciossi della città che tre torri, membranza della vittoria. Serbossi anco parte del muro a Ponente, postavi guarnigione, e comandante Terenzio Rufo. Il resto, campagna rasa, passata dall’ aratro.

XLIII. Or Tito, lodato in parlamento il valor dei soldati, d’encomj e premj colmò chi più si distinse. Le vittoriose legioni poi distribuì, lasciando in Giudea la decima, la dodecima inviando a Malatia, la quinta e quindicesima a suo cenno, sinchè gisse in Egitto. Parti indi per Cesarea a visitar l’ Oriente. A debellar il resto di Giudea mandossi Lucilio Basso. Presa Masera, altra piazza d’ arme, fu venduto tutto il paese, e condannati i Giudei a pagar due danari all’ anno a Giove Capitolino. Ma fu tratta colonia in Cesarea, fedele a Roma; c pria, rimesso il censo personale, poi anco fatto immune il suolo. Emmaus , in perenne testimonio della vittoria, fu detta Nicopoli.

XLIV. Vespasiano intanto uscito era d’Alessandria con altro nome che v’ entrò. Doleasi il popolo, la liberalità non esser sua virtù; ritornar le prime gravezze, mettersene di nuove; vendersi ad incanto i regj monumenti; le stesse cose sacre usurparsi dal fìsco. Pria tra pochi, poi in pubblico con motti e pasquinate, tai fatti proverbiava la critica loquace gente, osa anco dir Vespasiano, Cibiosatte. Ei non avvezzo ad onte, e facile, come principe, ad ira, punì con tributo i sarcasmi ; e v’ era di peggio se non calmava Tito il padre.

XLV. Perdonandole pur, con Alessandria corrucciato , partì per Roma, fatto pria segnalato dono alla