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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/62

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62 DEGLI ANNALI

pano e sbaraglino; se essi pochi facessero da grossissimo esercito, avrebbono tanta più gloria. Serrati sempre e prima co’ dardi, poi con la spada e rotella, non finissero d’ammazzatre: dimenticassero il predare; e vincendo, sarebbe loro ogni cosa„. Vennero per le parole del capitano in tanto ardore, e sì bene s’adattavano a lanciare quei soldati vecchi di prova in molti fatti d’arme, che Svetonio certo dell’evento, sonò a battaglia.

XXXVII. Primieramente la legione senza muoversi e della strettezza del luogo servendosi per riparo, quando il nimico sì presso le fu, che i lanciotti colpivano, ed ebbegli consumati, rovinosamente, quasi conio lo fessa; e gli aiuti altresì fecero l’istesso: la cavalleria con le lance ogni forte incontro abbattè; gli altri voltaron le spalle; ma que’ carri facevan siepe alla fuga; e i soldati non risparmiavan le donne; le bestie anche trafitte crescevano i monti delle corpora. Gloriosa, e pari all’antiche fu la vittoria di quel giorno; non mancando chi dice esservi morti de’ Britanni bene ottantamila; di nostri da quattrocento e feriti poco più. Boudicea s’avvelenò; e Penio Postumo, maestro del campo della legion seconda, veduto il felice successo della quattordicesima e ventesima, e aver tolto la medesima gloria alla sua, col disubbidir contro alla buona milizia al capitano, s’infilzò nella spada.

XXXVIII. L’esercito fu rassegnato e attendato per dar fine alla guerra; e Cesare dumila soldati di legione vi mandò di Germania, otto coorti d’aiuti e mille cavalli; i quali arrivati, la legion nona fu rifornita di legionarj. Fanti è cavalli messi in nuove guarnigioni, e tutti i paesani neutrali o nimici messi