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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/86

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86 DEGLI ANNALI

sto: i feriti, nel campo, i quali della virtù dei Re, crudeltà e numero de’nimici, contavano per paura le maraviglie; e credevale agevolmente chi n’era spaventato. Peto, senza rimediare ai disordini, abbandonati tutti gli uffici di guerra, mandò di nuovo pregando Corbulone che venisse tosto: difendesse le insegne, e l’aquile e ’l nome di quel poco d’esercito infelice che rimaneva: egli mentre avesse vita, manterrebbe la fede.

XII. Corbulone con franco animo, lasciata in Soria una parte di sua gente, per tenere i forti in su l’Eufrate, per la via più corta, e fornita di vettovaglie, pervenne ne’ Comageni, in Cappadocia, in Armenia. Veniva con l’esercito, oltre all’altro solito bagagliume, gran numero di cammelli carichi di grano, per cacciare insieme il nimico e la fame. Il primo degli spaventati ad incontrarlo fu Pazìo Centurione primopilo, e molti altri appresso; a’ quali, alleganti varie scuse della lor fuga, disse che tornassero all’insègne, a Peto, se e’ volesse perdonar loro; ch’egli non perdonava se non a chi vinceva. Visita le legioni sue; confortale, ricorda le preterite dazioni; mostra gloria nuova, e racquisto premio di lor fatiche: „Non di casali o castellucci d’Armenia, ma del campo romano, soli due legioni entrovi. Se d’un solo soldatello, d’un solo cittadino salvato, riceverebbe per mano dell’Imperadore la sua corona, quanta gloria vi fia veder pari numero d’incoronati e salvati?„ Accesi da tali parole, e maggiormente chi vi avea fratelli o parenti, marciavano dì e notte, ratti senza posare.

XIII. E Vologese strigneva tanto più gli assediati: assaltava ora il campo, ora il castello, ove era la