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fosca 103

troppo eloquenti, la sua malattia le ha tolto tutte quelle forze che qualche volta ci fanno trionfare delle passioni; il suo amore è amore.

Io rido di coloro che credono la nostra volontà avere un potere illimitato sulle nostre passioni, che asseriscono esistere in noi una forza sempre superiore agli istinti, sempre capace di dominarli. Io non ho esperimentate le passioni perverse; non oso investigare se la società punisca nei malvagi la natura o l’uomo; mi limito a compiangerli: ma le passioni non turpi — quelle che sono come un’esuberanza viziosa delle virtù — le ho provate, né avrei meglio potuto resistere loro, di quanto lo potrebbe una verruca all’impeto di un’onda dell’oceano. Chi mi mostra la bilancia su cui pesare la potenza della volontà e quella delle passioni? Chi è che ha parlato dell’arbitrio? Chi mi insegnerà a combattere la natura colla natura? me stesso con me stesso? Dov’è questa forza misteriosa di cui ragionano costoro?

Io non la sento. È in me, o è fuori di me? D’onde viene? Ove posso trovarla? Io era nato per amare, e ho amato; se nato per uccidere, avrei forse ucciso. La responsabilità sarebbe stata uguale. Tutto ciò che avrei potuto fare, è ciò che ho fatto e che faccio — vergognarmi della mia natura!»


XXIX.


Sì, nel segreto del mio cuore io giustificava Fosca. Se volendolo l’avesse potuto, il suo amore sarebbe stato puro. Ella avrebbe voluto amarmi come una sorella; ella comprendeva la sublimità di questo affetto, e soffriva di non poterlo conservar tale. Ciò era tutto, in lei non vi era dunque alcuna colpa.