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amore nell'arte 247

perché rovini tutto l'edificio della nostra fede, perché una tenebra immensa si distenda su tutta la nostra vita. L'amore è inesorabile; è in noi, ma è fuori di noi; non possiamo imporlo a noi stessi, non possiamo lasciarcelo imporre.

«Tutte le persone dotate di qualche virtù e di qualche avvenenza hanno assistito a questa rovina che facevano intorno a sè stessi, hanno suscitato delle passioni che non potevano appagare, consumato delle vite che non potevano proteggere col loro amore. Nelle stragi che l'amore mena nel mondo, alcuni pochi soccombono alla felicità dell'affetto contraccambiato, molti al dolore dell'affetto non corrisposto, moltissimi — e sono infinitamente i più miseri — allo strazio di non poter amare.

«Io ho provato questo strazio in tutta la sua potenza. Vedeva deperire la bellezza di Adalgisa, avvizzirsi la sua fede, affievolirsi e consumarsi la sua vita, e non poteva soccorrerla. Io assisteva a questa distruzione, lenta, penosa, inesorabile, senza poterla impedire. Chiedeva indarno al mio cuore ciò ch'egli non poteva darmi, ciò che io non poteva esigere da lui. Perché l'amore è una gran fede, è un gran vero — non lo si finge, non lo si smentisce. Esso non proviene da noi, ci viene non sappiamo donde, lo subiamo — perciò non lo possiamo mentire perché non lo conosciamo che dopo averlo provato — o meglio ancora provandolo.

«Te partito, Adalgisa si pose a letto, la pietà mi trattenne presso di lei fino al giorno della sua morte. Fu in quel frattempo che il gelo del mio cuore si sciolse, che io incominciai ad amarla e a confortarla di questo convincimento — non visse felice, ma morì felice. Perché ho incominciato ad amarla in quei giorni? E una domanda che mi sono rivolto sovente io stesso senza potervi rispondere. Di mano in mano che la sua malattia