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fosca 43


XIII.


Conobbi però assai presto che non aveva che a rallegrarmi di questa specie di legame da cui, a primo aspetto, era stato messo un poco in pensiero. I compensi erano maggiori dei danni, la più schietta cordialità vi temperava le soggezioni della disciplina; e d’altronde il paese offriva realmente nulla. I miei commensali poi erano tutta gente dabbene, un poco millantatori, un poco fatui — difetti di soldato — ma in fondo in fondo onesti e leali.

Se v’era cosa atta a lusingarmi era questa, che tutti erano pieni di benevolenza per me, e gareggiavano nel rendermi qualche servigio. Un medico di reggimento, in special modo, m’aveva posto non poca simpatia, e mi voleva seco assai spesso. Era uomo maturo d’anni e di senno, ma giovine di cuore; in alcune cose, come tutti gli uomini un po’ più che mediocri, fanciullo; in fatto di principii, virtù rara tra medici, credente. Non tardai a mettergli affetto io pure; e fu la sola persona che richiedessi e ripagassi d’amicizia in quel luogo.

La cugina del colonnello non s’era ancor fatta vedere. La malattia continuava a trattenerla nelle sue stanze. Io m’era avvezzato già da parecchi giorni a chiederne notizie a suo cugino, e a ripetergli alcune frasi di condoglianza che erano ben lungi dall’esprimere un dispiacimento sentito, giacché era naturale che non potessi molto dolermi de’ suoi mali, non conoscendola; ma l’etichetta ha spesso esigenze ancor più ridicole.

Il suo posto rimaneva costantemente vuoto, ma nondimeno il suo coperto era sempre apparecchiato; in uno