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qualche cosa di quella pieghevolezza, di quella grazia, di quella flessibilità che hanno le donno di sentimento e di nascita distinta; i suoi modi erano così naturalmente dolci, così spontaneamente cortesi che parevano attinti dalla natura più che dall’educazione: vestiva colla massima eleganza, e veduta un poco da lontano, poteva trarre ancora in inganno. Tutta la sua orribilità era nel suo viso.

Certo ella aveva coscienza della sua bruttezza, e sapeva che era tale da difendere la sua reputazione da ogni calunnia possibile; aveva d’altronde troppo spirito per dissimularlo, e per non rinunziare a quegli artifizii, a quelle finzioni, a quel ritegno convenzionale a cui si appigliano ordinariamente tutte le donne in presenza d’un uomo.

Me le era presentato da me stesso nell’entrare. Allorchè fui seduto a tavola, ella venne a prender posto vicino a me, e mi disse con dolcezza:

— Vi vedo solo, e mi permetto di farvi un poco di compagnia. Desiderava di conoscervi e di ringraziarvi personalmente dei libri che mi avete mandato. Mio cugino mi aveva parlato di voi, e avrei voluto vedervi un po’ prima. Ma come fare? Sono sempre così malata!

Fui colpito dalla soavità della sua voce, più ancora di quanto nol fossi stato dalla sua bruttezza.

— Ora mi sembrate però guarita, risposi io.

— Guarita! esclamò ella sorridendo; mi pare di no. L’infermità è in me uno stato normale, come lo è in voi la salute. Vi ho detto che ero malata? Fu un abuso di parole. Ne faccio sempre. Per esserlo, converrebbe che io uscissi dalla normalità di questo stato, che avessi un intervallo di sanità. Ho voluto tenermi chiusa parecchi giorni nella mia stanza, ecco tutto; ne aveva le mie ragioni; ho attraversalo un periodo di profonda malinconia.