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FOSCA
I.
Mi sono accinto più volte a scrivere queste mie Memorie, e uno strano sentimento misto di terrore e di angoscia mi ha distolto sempre dal farlo. Una profonda sfiducia si è impadronita di me. Temo immiserire il valore e l’aspetto delle mie passioni, tentando di manifestarle; temo obbliarle tacendole. Perchè ella è cosa quasi agevole il dire ciò che hanno sentito gli altri — l’eco delle altrui sensazioni si ripercuote nel nostro cuore senza turbarlo — ma dire ciò che abbiamo sentito noi, i nostri affetti, le nostre febbri, i nostri dolori, è cómpito troppo superiore alla potenza della parola. Noi sentiamo di non poter essere nel vero.
Ho pensato spesso con gioja alla rovina che il tempo va facendo nelle mie Memorie; più spesso vi ho pensato con dolore. Dimenticare! È uccidersi, è rinunciare a quell’unico bene che possediamo realmente e impreteribilmente, al passato. Chè se si potessero dimenticare soltanto le gioie, forse l’oblio potrebbe essere giustamente desiderato; ma dei nostri dolori noi siamo superbi e gelosi, noi li amiamo, noi li vogliamo ricordare. Sono essi che compongono la corona della vita.