Pagina:Tarchetti - Paolina, 1875.djvu/139

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paolina. 139


avventò risoluto verso la fanciulla. — Ma nell’impeto di quest’atto urtò nella tavola che sosteneva la lampada e che si rovesciò sullo spazzo. — I frantumi del globo di cristallo scivolarono con acuto fracasso sul pavimento: il marchese andò a tentoni pel buio, rinvenne la corda d’un campanello, suonò, e due uomini con lumi, comparvero ad illuminare una scena di desolazione. Paolina, fuggendo, era caduta, e s’era ferita in più luoghi coi frantumi di vetro, il sangue le colava dal volto e dalle mani; il marchese le disse impassibile: — ciò vi avrà resa più quieta, e se non fosse vi metteremo una camicia di forza. — Avvicinatevi, medicheremo le vostre ferite.

— No, no, esclamò la fanciulla con animo deliberato, prima che mi tocchiate, io mi pianterò questo spillo nel cuore.

— Mi è duro, replicò l’altro, ma io adoprerò tutta la mia forza contro la vostra ostinazione, e si avventò di nuovo contro Paolina.

Noi troncheremo qui il racconto di questa scena; noi rifuggiamo dal descriverne il resto. — E pure non è essa una scena comune nei fasti numerosi dei libertinaggi? Vi sia minore crudeltà, più amore, minore raggiro, maggior sciopero di denaro, un’opposizione più debole, una virtù meno severa, un animo meno audace,... ma chi di voi non ha veduto compiersi, o non ha compiuto egli stesso, un fatto poco dissimile? Non invochiamo una giustificazione nell’amore; voi lo inspiraste come mezzo di seduzione, non nel danaro, non nel consenso libero della vostra vittima; quella fanciulla