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tare di farvi conoscere in avvenire che non le ho meritate. Per ora non mi contraddite; venite con me, non vi ha rimedio, andiamo a sentire le sue disposizioni testamentarie.

E facendo passare il suo braccio in quello del conte, lo trascinò suo malgrado giù per le scale.

Intanto madama Elisa sedeva presso il letto di Paolina, porgendo orecchio al respiro affannoso e concitato dell’inferma, e asciugandosi furtivamente qualche lacrima, che le strappava il pensiero di quella vaga creatura, la cui bellezza e la cui gioventù stavano per essere ingoiate dalla tomba.

Il suo cuore severo e sensibile ad un tempo si accusava dell’abbandono di quella fanciulla, che sua madre le aveva affidato dal suo letto di morte per tutta la vita, sua madre, quell’infelice Anna, il cui amore le richiamava le scene più deliziose della sua esistenza, la cui immagine le ritornava ora così mirabilmente al pensiero nel contemplare le fattezze angeliche e delicate di sua figlia. Oh perchè non la ho io riunita alla mia famiglia! diceva essa, perchè affidarla a mia sorella, che il cielo aveva pure destinato ad una morte prematura e crudele! Povera Paolina! povero angelo! Potessi io dirti quanto il mio cuore è straziato dalla vista della tua sventura! potesse almeno conoscere tua madre come la mia anima è lacerata dal pensiero della mia imprevidenza fatale!

Elisa si coperse il volto colle mani singhiozzando. Essa era una di quelle donne non rare nella classe media della nostra società, che sotto l’apparenza d’una severità infles-