Pagina:Tarchetti - Paolina, 1875.djvu/67

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paolina. 67


furore che mi colmò di meraviglia. — Io l’aveva chiamata in disparte nella mia camera, e dopo averle dipinto bene il suo stato con colori ancora più tetri di quello che fosse d’uopo, e fattole toccar con mano quanto il suo avvenire fosse incerto e male assicurato, come fossele conveniente saper trarre partito dalla sua bellezza, finchè l’età e le privazioni non l’avessero alterata, le feci improvvisamente la sua offerta per renderne la impressione più sensibile col contrasto della sua condizione presente. — Voi siete una fanciulla fortunata, le dissi, molto fortunata: mille franchi al mese, un appartamento principesco, una carrozza a vostra disposizione, la vostra giornata libera, ogni capriccio appagato, un amante accondiscendente ed affettuoso come il signor marchese; voi formerete l’invidia di tutte le tose della vostra condizione, e vi giudicherei poco meno che pazza se ricusaste. Or bene, sa ella quale fu la risposta di Paolina? «Non credevo, madama, di averle inspirato tale opinione di me che le permettesse di farmi sul serio questa proposta; ma spero bene che troverò altrove del lavoro» e uscì prima che io rinvenissi dalla mia meraviglia.

— Ah! giuro per Dio, esclamò il marchese, tutto infiammato nel viso, e percotendo il pavimento colla mazza che teneva tra le ginocchia, che avrò ad ogni costo una soddisfazione da quella ragazza, e una soddisfazione che le riuscirà ben amara: non è più amore, è onore, è una questione di puntiglio, e vedremo se la sapremo spuntare. — Quand’è così, non sarà dunque più tornata?

— No, rispose madama Gioconda, e veramente sarei ad-