Pagina:Tarchetti - Racconti umoristici, 1869.djvu/125

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sarto) per mettermi in grado di presiedere al giudizio popolare in tutta l’imponenza, e in tutto lo splendore della mia carica.

Ma il mio pudore non mi permetteva di cedere all’invito di quelle dame rispettabili; io mi sentivo salire il rossore fino alla punta del naso; e mi provai a far loro conoscere la mia ripugnanza con un discorso di questo genere:

— Egregie signore... compitissime signore... le mie abitudini di toeletta;... il rispetto che io nutro per le loro persone... non mi permettono di mostrarmi qui in tutta la semplicità del mio costume naturale... e oltre ciò, i miei arnesi di biancheria, le mie mutande... in un viaggio sì lungo... senza la risorsa del bucato... esse capiranno....

E stava per aggiungere peggio, ma mi avvidi che nessuna di esse intendeva la lingua del mio paese; e non potendo far di meglio, lasciai fare, con quanta confusione da mia parte, permetto a’ miei lettori di immaginarlo.

Quando mi trovai vestito, attilato, serrato, come in una morsa, dalle cinture di quell’abito tutto ornato di lamine di metallo e di perle, avendo chiesto dell’ora fissata pel giudizio pubblico, e avendo osservato nel mio orologio, (un vecchio orologio di Ginevra che aveva avuto cura di regolare sul meridiano di Potikoros) che vi mancava una buona mezz’ora, chiesi di essere condotto al mio serraglio; e mi vi avviai in mezzo alle persone del mio seguito, parte delle quali mi prece-