Pagina:Tarchetti - Racconti umoristici, 1869.djvu/63

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pasta nera che liberò con molta precauzione da cinque o sei fogli di carta in cui era avviluppato, e lo presentò a Rosen dicendogli: — Non avrete tempo a prenderne quattro boccate che sarete freddo.

Rosen gli sborsò i venticinque mila franchi che erano tutto ciò che gli rimaneva della sua fortuna. Tricotèt li intascò con tutta l’impassibilità d’un uomo d’affari; ridiscese a saltelloni la scala, e, preso un posto nella diligenza di Lafitte, partì in quella stessa mattina per Parigi

— Rosen, rimasto solo, si raccolse tutto in sè stesso, richiamò tutte le sue memorie, ripensò alla sua fanciullezza e a sua moglie, fece un breve esame di coscienza, si pose in pace alla meglio con essa e con sè medesimo, e dato un addio alla vita e alle sue rimembranze, rinchiuse gli occhi e ingoiò in quindici o venti boccate tutto il suo veleno.

Era un sapore acre ma dolce, e pareagli d’averlo gustato altre volte; non aveva nulla di disgustoso, nulla di forte, e Rosen stava per dubitare della fede di Tricotèt, quando lo incominciarono ad assalire degli spasimi colici così potenti che non potè trattenere suo malgrado le grida. Erano dolori orribili, insopportabili, atroci. Rosen, come tutte le nature vivaci, ma deboli, era vile dinnanzi al dolore. I suoi lamenti fecero accorrere il signor Caupin che, non ostante le sue proteste, si affrettò a mandare pel medico.

Rosen nell’entusiasmo del suo sacrificio non aveva preso tutte le precauzioni opportune,