Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/108

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stagno! - e cominciò a ridere di così buon sapore a scherno di sè stesso, di nuovo battendo palma a palma, che Vanna rise anche lei, crollando il capo con vezzo gentile, in atto di oblìo e di perdono.

Ermanno si pose fra loro, tenuto per mano da Fritz Langen, e passeggiarono lentamente al sole, presso il ciglio dello sterrato, in vista della rocca, guardando la conca della campagna sottostante, dove il Paglia serpeggiava, gonfio di acque, e dove, per le copiose nevicate recenti, larghe chiazze bianche fulgevano, simili a isolette di marmo emergenti alla superficie di un ampio stagno. Parlavano poco, ma le parole cadevano sui loro spiriti, in quella pace, come frutti maturi, succosi di miele, che si spicchino a uno a uno dai rami troppo pesanti.

Egli, insolitamente misurato, le narrò del suo paese lontano, là dove i campanili aguzzi si ripetono nelle onde azzurre del Reno, mentre le cicogne dai lunghi becchi e dalle zampe sottili, nidificano tra le guglie molteplici della cattedrale gotica.

Vanna provava un senso gentile di riconoscenza verso quello straniero, che arrivava da paesi remoti, per illustrare i fasti della sua piccola Orvieto, e le pareva che il giovane dotto rivolgesse a lei, personalmente, l'omaggio de' suoi molti studi e della sua vasta erudizione.

— Perchè si chiama Colonia la tua città? - gli chiese Ermanno, che aveva ascoltato intensamente le descrizioni di Fritz Langen.