Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/189

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diceva, abbracciandolo, nelle ore di maggiore turbamento - sei tu l'unico mio conforto, e io, amandoti come ti amo, non posso offendere il Signore - e gli baciava le anella dei lucidi capelli.

Da alcuni giorni peraltro essa lo guardava con sorrisi di stupore e, seduta, gli appoggiava le mani sopra le spalle per contemplarlo in volto da vicino. Lo aveva fatto rasare, le sembrava un altro ragazzetto, più serio, più ardito nella espressione degli occhi, più deciso nella fisonomia e più disinvolto nell'andatura. Vanna si stupiva, intenerita, ch'egli le arrivasse adesso fin quasi all'omero. Santo Iddio, come Ermanno era cresciuto, com'era alto per i suo undici anni! Alto, slanciato, robusto, il vero frutto di due floride giovinezze esultanti nell'amore! Egli, docilmente, si lasciava contemplare a lungo dalla mamma e le passava pensoso la punta delle dita sui fini sopraccigli. Il bimbo era ancora di tale innocenza che gli sciocchi potevano ridere di lui, credendolo sciocco; ma invece rifletteva su tutto, tormentato dal desiderio di conoscere il fondo e la ragione di ciascuna cosa. Molte delle parole che ascoltava gli tornavano poi sul labbro, in forma di domanda, lavorate, bucherellate, simili alla cera di un alveare. Una volta don Vitale, durante le vicende irrequiete di una lezione burrascosa, lo chiamò gambero.

— Sei un gambero, un vero gambero perfetto! Non ti riesce mai di andare avanti; vai sempre indietro, gambero.