Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/195

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Fritz Langen continuava a scrivere a quando a quando, ma sempre più scarsamente, sebbene egli si rivelasse tenacissimo nel ricordo; Vanna gli rispondeva brevi lettere cortesi, evitando qualsiasi allusione al loro passato, che oramai dileguava, assumeva le forme indeterminate di eventi vissuti in sogno, e si sarebbe forse già spento in lei anche nel ricordo se il rimorso e la paura del castigo divino non glielo avessero a ogni istante rievocato.

Appunto verso quel tempo l'avvenire di Ermanno fu deciso in circostanze bizzarre.

In una soffocante notte di giugno, Vanna non riusciva a prender sonno. Di mattina s'era svolta in piazza del Duomo la festa graziosa della bianca palombella che scioglie il volo, e Vanna aveva trascorso buona parte del pomeriggio dentro la Cattedrale, assistendo alle funzioni. Forse, inginocchiata nella cappella di Maria, aveva posati gli occhi distrattamente su l'affresco di Giovanni da Fiesole rappresentante Cristo giudice; certo la figura del Cristo, pacata in viso tra il volume dei capelli diffusi, composta in maestà tranquilla, con la sinistra mano sopra la sfera del Mondo e la palma destra levata in alto, non è tale da incutere spavento, giacchè il pennello lieve del Beato Angelico dispensa grazia e soavità in ogni suo tocco; eppure, quando Vanna fu nel suo letto, e le palpebre cominciarono ad appesantirsele, ella vide sorgere sulla parete, in grandezza smisurata, una figura simile nell'atteggiamento a