Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/236

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alla luna estiva nel suo pieno splendore, ingoiava la minestra bruciante con beatitudine espansiva, accarezzandosi il palato col cucchiaio di argento, forbendosi ossequioso le labbra ad ogni breve istante, avanzando la mano verso la fila dei bicchieri, poi ritraendola in fretta, incerto se durante la minestra fosse lecito sorseggiare. Egli vide bensì che Serena beveva tranquilla, ma questo non poteva valergli di norma, giacchè Serena, sventuratamente, seguìva più volentieri il suo buon piacere che le regole della creanza.

Il signor professore mangiava poco, impacciato, timido, volgendosi con sorrisi fugaci e improvvisi rossori a mirare la bella persona di Vanna, che gli sedeva accanto, tra lui ed Ermanno, e che gli dimostrava amabilmente una materna sollecitudine.

In principio i discorsi furono generici: Pericle Ardenzi scherzava; Bindo Ranieri perorava enfatico; Villa, bruna al pari di Sulamite fra l'aureola dei capelli bianchissimi, sorvegliava lo sposo, e con movimenti impercettibili delle labbra, lo faceva avvertito quando egli stava per commettere infrazioni all'etichetta; Domitilla Rosa assaporava i cibi con voluttuosa religiosità, accettando il male o il bene, le cose cattive o buone, a seconda che a Gesù piacesse di mandare. In placida e dolce testardaggine opponeva la sua passiva fiducia nel Signore allo svolgersi delle circostanze, e ingoiava con sorridente rassegnazione le orribili vivande preparate dalla nepote, poichè,