Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/258

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si dissolveva in lembi natanti, che gli volteggiavano per il cervello, rendendolo greve.

Non volle riflettere più, si lasciò annientare dal vuoto, forse il sonno lo colse, e monsignore dovè toccargli ripetutamente la spalla perchè si rialzasse a cerimonia finita. Tutto gli pareva sogno: la folla uscente dalla Cattedrale, gli abiti a colori sgargianti delle popolane, gli ombrellini simili a cupole. Due contadine allegre gli camminarono al fianco per un tratto, cicalando fra loro; una di esse alzò il lembo del mantile da un canestrello infilato al braccio e dentro il canestrello Ermanno vide con ribrezzo delle uova.

Perchè con ribrezzo? Quelle minute superfici bianche oblunghe, lisce, che formavano dentro il canestro una supeficie unica bianca, oblunga, liscia, gli davano sulla cute il senso di serpentelli freddi, che strisciassero e mordessero piano. Perchè?

Non ebbe il tempo di rispondersi; improvvisamente, attraversando piazza San Francesco, provò un calore alla schiena, un calore insostenibile. Era il sole di marzo che bruciava, o l'ombrellino rosso, aperto davanti al portale dell'antica chiesa, che gli arroventava le carni? Oh! no, da quella cupola accesa non poteva venirgli alcun male, poichè Ermanno aveva riconosciuto la bella persona di sua madre, all'ombra rosea dell'ombrellino di seta! La madre gli volgeva le spalle e, vestita di colore tortora, piegava il busto un poco